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al testo proposto da Laura Turra
da Fuga da Bisanzio (*)
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[…] i poeti, a differenza dei narratori, ci dicono tutta la storia: non soltanto in termini di esperienze che hanno vissuto e di sentimenti che hanno provato, bensì – ed è questo l’aspetto per noi più pertinente – in termini di linguaggio, attraverso le parole che essi decidono di scegliere. Un uomo avanti negli anni, se ancora regge la penna in mano, ha una scelta: scrivere le sue memorie o tenere un diario. Per la natura stessa del loro mestiere, i poeti sono diaristi. Tengono infatti, e spesso contro la loro volontà, la più fedele registrazione di ciò che sta succedendo (a) alle loro anime, si tratti del dilatarsi di un’anima o – più frequentemente – della sua contrazione, e (b) al loro senso del linguaggio, dal momento che sono loro i primi ad avvertire l’usura o la svalutazione delle parole. Ci piaccia o no, noi siamo qui per imparare non tanto ciò che il tempo fa all’uomo ma ciò che il linguaggio fa al tempo. E i poeti, non dimentichiamolo, sono coloro «by whom it [language] lives», il cui linguaggio vive. È questa legge a insegnare a un poeta una rettitudine maggiore di quella che una fede, qualsiasi fede, possa ispirare. […] Il meno che si possa dire è che ogni individuo dovrebbe conoscere almeno un poeta dalla prima all’ultima pagina: se non per prenderlo a guida nel viaggio attraverso il mondo, almeno per avere un metro con cui misurare il linguaggio. W.H. Auden […] Fu un grande poeta (l’unica cosa che non funziona in questa frase è il passato remoto, poiché la natura del linguaggio colloca invariabilmente nel presente i risultati di chi opera nel linguaggio stesso); e io considero un’immensa fortuna quella di averlo conosciuto. Ma anche se non l’avessi mai incontrato, resterebbe la realtà della sua opera. Si deve essere grati al destino per averci esposto a questa realtà, per la profusione di questi doni, tanto più inestimabili in quanto non erano destinati a nessuno in particolare. Si potrebbe chiamarla generosità dello spirito, ma lo spirito ha bisogno di un uomo attraverso il quale rifrangersi. Non è l’uomo a diventare sacro per effetto di questa rifrazione; è lo spirito a diventare umano e comprensibile. […] (*) con gratitudine a Ferdinando Giordano che con la citazione di W.H. Auden "Tempo... adora il linguaggio" mi ha spinto ad approfondire... «Tempo che è intollerante / verso prodi e innocenti, / e indifferente in una settimana / a un fisico superbo, / adora il linguaggio e perdona / colui nel quale vive: / assolve viltà, orgoglio, / depone i suoi onori ai loro piedi»
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